venerdì 29 marzo 2013

Pasqua in Albania, la storia di Papakosmas Papasabbas

Dato che la Pasqua si avvicina, abbiamo pensato di curiosare fra le tradizioni albanesi. Il testo che vi proponiamo è frutto di alcune ricerche in rete. Racconta la storia di Papakosmas Papasabbas e spiega il perché delle uova rosse.

E' giunta fino a noi la storia di Klearcos Papasabba, del villaggio di Drimades in Albania, che fa parte di quella regione di origine greca nota come Epiro del nord. Quest'uomo diventò, in seguito, sacerdote, prendendo il nome di Papakosmas Papasabbas.
Da più di 200 anni, per ogni generazione, qualche discendente della famiglia di Papasabbas diventava sacerdote. L'ultimo di questi serviva la parrocchia di S. Charalampos e S. Spiridione, celebrando la liturgia in lingua greca, perché il villaggio, come altri, non aveva mai cessato di esprimersi in tale lingua. La catena benedetta si interruppe nel 1967, quando l'Albania dichiarò Dio inesistente.
Figlio di una famiglia di presbiteri, Klearcos aveva il desiderio nascosto di diventare anch'egli sacerdote. Ma come avrebbe potuto, dal momento che il governo ateo non lo permetteva?

Andò, allora, a Valona e studiò da maestro. In qualunque posto fosse chiamato ad insegnare, parlava sempre di Cristo. In seguito fece il servizio militare: anche lì teneva le catechesi ai soldati, malgrado il controllo del regime. Tutti i suoi amici consigliavano: «Klearce, non parlare più, andrai in prigione».
E, chiaramente, nonostante Klearcos avesse prestato attenzione e nonostante il rispetto che gli portavano i soldati, una spia lo denunciò. Venne arrestato e condannato a sette anni di prigione, ma rimase sempre fedele alla sua fede in Cristo, non cessando neanche lì di insegnare la parola di Dio. Uscito di prigione, lasciò al suo posto, quale insegnante, il guardiano, segretamente diventato cristiano.
Klearcos tornò al suo villaggio, dove venne arrestato per la seconda volta e condannato ad altri sette anni di prigione. Subì molte torture, ma non lo piegarono. Era accusato di non portare rispetto ai giudici. Mentre lo giudicavano, infatti, egli si alzò e disse: «Voi mi avete giudicato, ma Egli non ha ancora giudicato». E, dicendo queste parole, alzò la mano e mostrò in alto. Quindi, facendo il proibito segno della croce, si sedette.

E Dio vide e forse giudicò: Klearcos non scontò interamente la sua condanna, dal momento che il regime cadde. Mentre usciva di prigione, uno dei suoi guardiani, il più severo, abbassando la testa, gli disse: «Non avete vinto voi, ma il vostro Dio».
La storia ci dice che, in seguito, si recò in Grecia, dove divenne sacerdote, continuando, nonostante tutto, la sacra tradizione familiare.

Quello che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio!
In tutti i villaggi della regione, gli agricoltori che ancora oggi raccontano la storia di Papakosmas, ricordano sempre un prodigioso avvenimento. Mentre Klearcos faceva il servizio militare, aveva con sé un folto gruppo di soldati a cui insegnava la parola di Dio.

Molte volte tutte queste persone andavano di nascosto nel bosco, di notte, per pregare insieme.

Nel mese di aprile, poi, avvicinandosi la Pasqua ortodossa, Klearcos voleva realizzare l'impensabile: festeggiare la Santa Pasqua di Resurrezione insieme ai soldati diventati cristiani (grazie a lui, sempre di nascosto!).
Tutti, allora, pensarono a come organizzare una fuga dalla caserma per la Santa Notte. Trovate le candele, olio e lampade provenienti dalla Grecia, presero nei loro sacchi anche pane, olive, formaggio e uova e salirono al monte «mali logara», un luogo molto lontano, dove neppure i pastori andavano a pascolare le bestie.
Questi strani pellegrini, arrivati alla montagna dopo tante ore di cammino, trovarono una grotta e vi si rifugiarono. Tutti erano pieni di gioia. Dopo il dovuto riposo, per prendere fiato, Klearcos cominciò a cantare con passione sia in lingua greca che in lingua albanese, per essere meglio compreso da tutti i soldati. E, dopo la grande gioia di aver proclamato «Krishti u ngjall», «Cristo è risorto», si abbracciarono con commozione, lodando l'Altissimo.

Dopo aver recitato tutte le orazioni, i soldati cominciarono a chiedere a Klearcos spiegazioni sulla passione del nostro Salvatore e della Sua gloriosa resurrezione.
Rimasero stupiti soprattutto dal «grande miracolo» della Resurrezione. Klearcos rispondeva loro: «Se abbiamo fede, fratelli miei, molti miracoli vedremo anche nella nostra vita».

Si prepararono, quindi, a mangiare qualcosa prima di ripartire per far ritorno alla caserma. Avrebbero, in cuor loro, desiderato certamente scambiarsi gli auguri, festeggiando secondo la tradizione, con le uova rosse. Purtroppo si dovevano accontentare di ben poche cose per quella cena frugale: pane, olive, formaggio...

Infine aprirono anche il piccolo pacco ove avevano riposto qualche uovo. Ed ecco, rimasero impietriti come statue: le uova bianche erano diventate rosse!

Per primo si riebbe un soldato, che gridò: «Vezè tè Kuqe», «Uova rosse!». Non si fecero né domande, né si diedero spiegazioni: avevano compreso il miracolo che si era compiuto anche per loro, in quella piccola grande Santa Pasqua e, in silenzio, ripartirono!

Krishti u ngjall!
Cristo è risorto!
 

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